GENTLE PARENTING ☮️: COME GESTIRE ALCUNE SITUAZIONI 🙈🙉🙊

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“Continua a lavorare su di te. Ricorda a te stesso che sono le tue emozioni, le tue esperienze e le tue aspettative che causano i tuoi sfoghi, non il comportamento del tuo piccolo”.

L.R.Knost- Gentle Parenting 

Quando sento parlare di bambini – soprattutto tra gli 0 e i 3 anni con termini come sono BRAVI o NON BRAVI, mi cadono veramente le braccia. TUTTI I BAMBINI SONO “BRAVI”, al massimo esistono adulti incapaci di interpretare o sentire le loro necessità, spesso a causa di aspettative ridicole su argomenti quali ritmo sonno/veglia, indipendenza del neonato/bambino, etc. Fare il genitore non è certo un mestiere facile, è stancante, costante, intenso: dalla privazione del sonno, alla necessità perpetua della tua persona da parte di qualcuno- fisicamente e mentalmente, alla responsabilità nei confronti di quel qualcuno. Nessuno ti ha obbligato ad essere in quella situazione e tanto meno il bambino, che vedrà in te, per forza della spinta naturale alla lotta per la sopravvivenza il mezzo attraverso il quale vivere, crescere e prosperare. Compito nostro essere- per quanto possibile- preparati e consci di quello che significa diventare genitore, evitando di dare significati inesistenti al loro comportamento. Ricordiamoci inoltre che i bambini sono il nostro specchio: monkey see, monkey doo 🐒. Imparano dall’ambiente che li circonda, attraverso l’esempio, e dunque i primi insegnanti siamo di certo noi, i loro genitori. E’ ovvio che subentrano anche delle caratteristiche caratteriali individuali e proprie di ogni bambino, ma queste sono, se siamo capaci di avere la pazienza di leggerle e comprendere, nostre alleate nel rapportarci ad ogni bambino: proprio perché sono le loro caratteristiche, attraverso di esse possiamo porci in un modo piuttosto che un altro, ciò che funziona con uno potrebbe non funzionare con un altro e viceversa.

Quello che abbiamo notato finora, sono delle semplici, basilari modalità di gestione nell’approcciare diverse situazioni e in generale la crescita del bambino (puoi invece leggere qui il mio post precedente sul Gentle Parenting).

  • Happy parents for happy children. La felicità e l’entusiasmo sono sempre una carta vincente,la risposta all’entusiasmo è solitamente altrettanto entusiasmo o curiosità. A volte si è stanchi e non sempre è facile, ma fatelo il più possibile e vedrete il risultato nel tempo.
  • Saper dire di si. E’ molto facile dire di no e porre limiti, ma se vogliamo che i nostri figli imparino a dirci di si dobbiamo per primi esser capaci di farlo. A volte, nella frenesia delle giornate si tende ad applicare mille regole (necessarie alla sopravvivenza, nessuno lo mette in dubbio) ma soffermiamoci a pensare se e quanto questi no siano davvero sempre necessari.
  • Cerchiamo sempre di spiegare e aiutare i nostri figli a ragionare. I bambini capiscono benissimo le cose, e se non le hanno ancora capite hanno le competenze necessarie per elaborare e processare ciò che gli diremo. Non basta dire – non fare questo o quello- ma è bene spiegare che preferiremmo non facessero la tal cosa perché e per come. Di solito con una spiegazione ragionata ho notato che assimilano molto più in fretta ed entra a far parte del loro pensiero.
  • Mettiamoci sempre o il più volte possibile a livello del bambino, proprio fisicamente. Non siamo dei tenenti a cui devono obbedire ciecamente, siamo loro partner nel processo di crescita, siamo qui per supportarli ed aiutarli, facciamogli capire che ciò che diciamo non viene dall’alto ma che siamo una squadra.
  • Consoliamoli, abbracciamoli e accettiamo il fatto che a volte hanno necessità di piangere e/o sfogare i loro sentimenti in quel modo: per un bambino soprattutto se piccolo è difficile tramutare in parole le proprie emozioni, soprattutto se sono emozioni tipo frustrazione, fastidio, disappunto, etc. Non c’è nulla di sbagliato nelle emozioni, qualunque esse siano, ciò che è importante è imparare a riconoscere le emozioni, ad accettarle ed elaborarle in maniera positiva. Dire ad un bambino che piange smettila di piangere non lo farà smettere di piangere.. ne ora ne mai.
  • Cerco sempre di spiegare ai miei figli le cose sulla loro pelle, con l’esempio del ” hai spinto tuo fratello. Immagino che avevi un motivo che ti sembrava giusto, ma se ti spingessi io ti piacerebbe?”. Di solito il bambino è assolutamente conscio, nel momento in cui ragiona e non è nella fase fisica-impulsiva , di ciò che è giusto e ciò che è sbagliato.
  • Nei conflitti tra fratelli cerco sempre di aiutare il più grande, che è quello che ha più possibilità di compiere queste azioni, a trovare l’alternativa. Per esempio Rumi (il più piccolo) entra in camera e si fionda sul gioco che sta facendo Mete, disturbandolo se non addirittura “rompendo” il processo di gioco del fratello. L’istinto di Mete, che ha da poco tre anni, è quello di spingerlo via o comunque di salvaguardare in maniera fisica il proprio operato. Mio compito è quello di spiegargli che anche questa azione può essere fatta in maniera più pacifica: “prendi per mano Rumi  dicendogli che vuoi stare da solo e gentilmente allontanalo dal tuo gioco, e soprattutto proponigli una alternativa dandogli qualche altro gioco; e se tutto questo non funziona, chiama la mamma o il papà in aiuto”. Ho dovuto – e tutt’ora mi capita di farlo- spiegarlo più volte, ma ho notato che Mete ha fatto questo metodo proprio, e quando la ragione sopravvale sull’impulso, lui lo applica con, quasi sempre, una risposta ottimale da parte del fratello. A volte il fratello invece si impunta che vuole partecipare al gioco che il più grande stava facendo, in quel caso è necessario l’intervento di un genitore.
  • Coinvolgere il fratello più grande nell’educazione del più piccolo aiuta gli equilibri fra gli stessi, perché il più grande si sentirà responsabile e sarà sua premura spiegare ed aiutare il più piccolo. Nel caso di bambini così piccoli come i nostri non sempre avviene, perché hanno solo 17 mesi di differenza e Mete ha appunto fatto tre anni adesso, non si possono avere grandi pretese, ma noto con piacere che è un fatto che avviene sempre più spesso.
  • Cerchiamo di coinvolgere i bambini nella risoluzione del problema: li fa sentire grandi e soprattutto considerati. E’ un processo in erba, che funziona ovviamente soprattutto se il bambino ha proprietà di linguaggio e si può instaurare un minimo di discorso, e non è sempre facile perché in alcune situazioni non ha (ancora) le competenze necessarie per far fronte alla risoluzione dei propri conflitti. Ma sento che è un metodo che funziona e funzionerà sempre di più col tempo.
  • Cerchiamo di non proiettare aspettative sui bambini, soprattutto non dobbiamo avere fretta nei loro processi evolutivi, non dobbiamo fare paragoni con altri bambini e non dobbiamo perdere fiducia nelle loro capacità: ognuno con i suoi tempi farà tutto, in maniera personale e unica.
  • Sta a noi genitori avere la saggezza di evitare luoghi e situazioni ove il bambino risulterà a disagio e di conseguenza noi stessi: vi è un tempo ed un luogo per ogni cosa, per cui una cena in un ristorante al chiuso con due bambini piccoli difficilmente risulterà un successo: probabilmente si annoieranno e non avranno tutto l’interesse che abbiamo noi adulti nel mangiare il cibo e chiacchierare con i nostri amici, per cui meglio scegliere un alternativa che sia win-win per tutta la famiglia, come un picnic o un pranzo a casa oppure un ristorante bambino friendly (ma non sarete mai del tutto liberi da essi, ricordatevelo!). Qualunque sia l’esempio, cerchiamo di anticipare la situazione così da evitare una situazione perdente con bambini nervosi e genitori stressati.
  • Proporre un alternativa ad una situazione di disagio del bambino di solito aiuta. Se sta facendo una cosa che ritenete opportuna che non faccia, e nonostante le vostre spiegazioni lui non vuole  smettere, una cosa che funziona di solito è quella di trovare una alternativa interessante, proposta in modo positivo e possibilmente entusiasta.
  • Siccome nessun genitore è perfetto, né mai lo sarà, impariamo a riconoscere i nostri errori e a scusarci con i bambini, nonché a spiegare il motivo delle nostre azioni. Se urleremo, o agiremo in modo concitato di fronte a loro senza dare nessuna spiegazione, l’unica cosa che impareranno e rimarrà dentro di loro sarà l’atto di rabbia e/o frustrazione etc da parte nostra. Sederci invece con loro e spiegare ” scusa sai, ma mi sono molto arrabbiato per il tal motivo, e ho reagito in maniera impulsiva, sbagliando. Ma sai, a volte si sbaglia, adesso però mi sono reso conto di avere sbagliato e la prossima volta cercherò di fare meglio”; aiuta il bambino sia a sentirsi considerato, sia ad imparare a valutare le proprie emozioni: tutte giuste, rabbia compresa, e degne di essere elaborate.
  • Quando siamo in una situazione difficile da gestire e stiamo per “scoppiare”, una buona pratica è quella di prendersi qualche minuto e letteralmente lasciare l’ambiente in cui siamo con il bambino. Andiamo a decomprimerci e a rivalutare ciò che sta accadendo per poter reagire nella migliore delle maniere e non impulsivamente. Non sempre è possibile, ma è bene cercare di fare tutte le volte che possiamo.
  • Applicare questo tipo di genitorialità, non significa essere genitori permissivi, ciò che cambia è il modo di porci ai nostri figli e il modo in cui li aiutiamo a crescere e a comprendere il risultato delle proprie azioni. Dice bene Rosenberg quando dice: “Ho parlato con tanti altri genitori che hanno avuto simili esperienze e che quando cercano di relazionarsi in un modo più umano con i propri figli, invece di ricevere incoraggiamento, spesso, sono criticati. Le persone a volte confondono ciò di cui sto parlando con la permissività, oppure pensano che in questo modo non si dia ai bambini la direzione di cui hanno bisogno. Con la Comunicazione Nonviolenta invece, si offre una direzione diversa. E’ una direzione che sorge dall’incontro tra due persone che si fidano l’una dell’altra, piuttosto che la direzione imposta da una parte che obbliga l’altra a sottomettersi alla sua autorità”.
  • Ricordiamo sempre ai nostri figli che li amiamo, le cose belle che hanno fatto durante la giornata, il fatto che siamo felici di stare con loro, e dedichiamogli del tempo tutto per loro, nella quantità a noi concessa: un tempo per fare quello che rende il bambino felice, in base alle sue volontà. Abbracciamoli, coccoliamoli, comunichiamogli anche con una comunicazione fisica le nostre emozioni. I bambini colgono molto bene questo genere di messaggi, e valgono più di mille – anche se ben dette- parole.

Infine, mi piace sempre ricordare a me stessa che i figli sono una grande occasione per lavorare su se stessi. Essendo noi uno specchio di ciò che fanno, non possiamo vivere da ipocriti e il primo passo affinché possano crescere in un determinato modo è quello di crescere prima noi stessi nel tal modo. Dobbiamo vederla come una grande opportunità: certamente impegnativa ma quanto meravigliosa è? E’ come avere un personal trainer costantemente presente che ci aiuta in questo processo. Ci aiuta a crescere non solo nella nostra individualità, ma anche come coppia e come individuo appartenente ad una società.

Diceva Marshall B. Rosenberg: ” Se desideriamo cambiare il nostro modo di comunicare e passare ad un linguaggio basato sui bisogni, è importante smettere di valutare i bambini in termini moralistici ed evitare concetti come “giusto”, “sbagliato”, “buono” e “cattivo”. Comunichiamo chiaramente ai nostri figli se quello che stanno facendo è in armonia o in conflitto con i nostri bisogni, lo facciamo in un modo che non stimoli in loro un senso di vergogna. Questo tipo di comunicazione potrebbe richiedere un sensibile cambiamento nel nostro modo di esprimerci”. Si tende a pensare ai bambini come.. bambini e non come persone, ma i bambini, di fatto, sono già persone, l’unica differenza tra noi e loro è l’età e lo stadio di evoluzione personale. Questa prospettiva cambia radicalmente il modo di porci ad essi.

Ed è proprio questa la chiave di tutto, una visione più empatica ed una intelligenza emotiva che può davvero cambiare l’evoluzione umana. Quando siamo stati nell’ecovillagio di Tamera (qui e qui) , la cosa che più mi è piaciuta è stata questa: non l’assenza di conflitti, che è impossibile, ma il metodo completamente diverso di affrontarli rispetto alla nostra società, parlando in cerchio ed aiutandosi l’un l’altro ad elaborare qualsiasi fosse il problema in atto.

Non dimenticate mai che state facendo questo cammino con i vostri figli, che non siete perfetti, che tutto evolve e che c’è sempre da imparare!

“Se dovessi stabilire una regola generale per vivere e lavorare con i bambini, potrebbe essere questo: diffidare nel dire o fare qualcosa a un bambino che non vorresti fare a un altro adulto, di cui apprezzi la buona opinione e l’affetto”. John Holt

Letture suggerite:

Gentle parenting di LR Knost; Positive Parenting di Rebecca Eanes; How children learn di John Holt; Crescere i bambini con la Comunicazione Nonviolenta di Marshall B. Rosenberg; Luce per amare un bambino di Gabriella Karin Tuci; Senza punizioni ne ricompense di Jean Philippe Faure; La mente del bambino di Maria Montessori.

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Photo credit: Tania Buccoliero su IG @pantarei_taniabuccoliero

To be continued ➡️

Rainbow Hugs 🌈

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