SENTIRSI SOPRAFFATTI 🌊

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Foto di Tania Buccoliero Pantarei

Un mese fa non avrei mai creduto di scrivere questo post. Tutto andava a meraviglia fra noi adulti e i nostri  tre bambini. Sono trascorse due settimane super, in cui all’accudimento normale dei bambini siamo riusciti ad affiancare anche lavori alla casa. Era sempre un destreggiarsi fra il lavoro manuale di misurare, tagliare, recuperare le assi vecchie e ricostruire e Mete , Rumi  e Alma (che hanno 4, 2 anni e mezzo e 8 mesi), ma siamo riusciti nel nostro obiettivo, soprattutto perché i bambini sono stati uno spettacolo, dalla nostra prospettiva. Mete e Rumi riuscivano a passare 15-30 minuti perdendosi in giochi fra di loro, senza bisticciare anzi andando d’amore d’accordo. Avevano le loro richieste come un po’ di frutta, un aiuto a scendere dal fico e le loro esigenze come togliere la maglietta per andare in bagno, o pulirli dopo la cacca ma eravamo sincronizzatissimi. Alma se ne stava nel prato, li vicino, ai bordi della coperta a guardare i fiori e conoscere l’erba. Con qualche pausa riuscivamo a fare due-tre orette di lavoro al giorno alla lavatrice, più le solite incombenze quotidiane, più lo sviluppo del sito, di mamarainbow cards e littlerainbowtribe, il libro: insomma tanta roba.

Pensavamo di avere il mondo in mano, e abbiamo ritenuto di aggiungere altri lavori esterni, e dopo di concentrarci ancora un po’ sull’orto aggiungendo piantine, cui oltre alla messa a dimora andava aggiunta la preparazione del terreno. Abbiamo quindi acquistato il vetro e le piantine e, a quel punto, tutto è cominciato a cambiare.

Non so se sia stato il crescere della luna o l’arrivo dello scirocco, ma da due settimane non siamo più riusciti ad occuparci del progetto lavatrice, con fatica troviamo il tempo per little rainbow tribe, siamo altalenanti con le incombenze quotidiane. Anche in questo caso gran parte del “merito” è dei figli, che sono cambiati: Mete e Rumi non riescono molto a giocare da soli senza aver bisogno di aiuto, i progressi di Rumi con lo spannolimento hanno subito una fase di arresto, Alma sta facendo i denti e quindi dorme poco la notte, di giorno sta per la maggior parte del tempo in braccio altrimenti è inconsolabile e quando abbiamo provato a metterla nella coperta sul prato l’unico suo interesse pareva mangiare la terra. Rumi che passa dall’essere il super fratello coccolone con la sorellina a colui il quale ruba ogni gioco che Alma prova a prendere fino a che lei piange innervosita, o che strappa le piantine dei fiori e poi ci chiede scusa. Nulla di trascendente, cose normali alla fin fine, ma che ci tenevano occupati e lontani da quello che pensavamo di fare.

I primi giorni dicevamo è una fase passerà, allentiamo i tempi dei lavori esterni, però le piantine dell’orto andavano interrate perché orami le avevamo prese, ma più i giorni passavano più ci siamo sentiti impazienti, stanchi, a volte anche un po’ esasperati e in questi ultimi giorni anche un po’ sopraffatti. All’entusiasmo del lavoro che procede si è sostituito, giorno dopo giorno, il pessimismo che non vale la pena iniziare perchè subito dovremo interrompere per qualche imprevisto. Per fortuna pensare che tutto è una fase è ancora un pensiero di conforto: per esperienza sappiamo che qualche settimana è la durata massima poi qualcosa cambia. Dovremmo aver quindi passato il peggio ma chissà.

Sentirsi così sopraffatti, da qualcosa che (di solito a ragione) si ritiene positivo come la propria famiglia è una sensazione tossica, che va ad inquinare molti aspetti della nostra vita, primo fra tutti le relazioni. In questi giorni con i bambini siamo diventati meno pazienti, probabilmente, anche senza saperlo, gli ordini sono aumentati e il tono di voce è diventato più severo, siamo meno propensi a lasciar andare e perseverare nella gentilezza. Questo di rimando ha effetti sui nostri figli, che a loro volta diventano più nervosi, irascibili, meno propensi a lasciarsi guidare. Dopo la prima settimana ci siamo fermati a riflettere sul cambiamento che era intervenuto e abbiamo provato, volontariamente, l’abbiamo proprio deciso a tavolino e ci siamo supportati a vicenda io e Matteo, a “fare il contrario di quello che ci veniva”, si può dire. Abbiamo aumentato gli abbracci, diminuito le richieste, ci siamo messi nella prospettiva dei nostri figli, cambiando atteggiamento riguardo i lavori da fare, da “dobbiamo fare questo e quest’altro” a “se avanzerà tempo faremo questo e quest’altro”. Questo ha migliorato le cose per noi ed ha funzionato per qualche giorno, senza però che i bambini diventassero “più facili”. L’aspettativa delusa del mancato miglioramento ha aumentato il nostro sconforto e in pratica siamo tornati senza rendercene conto nella vecchia “visione” in cui i bambini dovevano permetterci di svolgere le nostre attività.

Quando questa visione si instaura gli scontri sono inevitabili, allo sconforto per le nostre esigenze “negate” si aggiunge quello per il nostro comportamento non sempre esemplare e in linea con i nostri principi verso i nostri bambini: per quanto possiamo elencare ad alta voce le motivazioni per cui “abbiamo ragione” in fondo al nostro io sappiamo che alzare la voce o usare la nostra  autorità di adulto non è la maniera corretta di comportarci. Non è corretto perché trasmette un messaggio orribile: io sono più forte di te, detengo il potere, e ti domo. Il contrario di quanto noi crediamo: io ho il potere, sono più forte di te e ti aiuto.

Chi semina vento raccoglie tempesta: la situazione con i due più grandi è peggiorata: meno autonomi, più “piagnucolosi”, con più richieste di attenzioni. Per Alma, come per tutti i neonati, non c’è che da tenersela stretta, lei è sempre sorridente e probabilmente sta provando sensazioni così forti da spaventarla e innervosirla: cosa c’è allora di più rassicurante che stare a contatto con mamma tetta e quell’omone gentile?

Noi siamo a casa entrambi per occuparci principalmente dei bambini e di solito siamo abbastanza ispirati nel supportarci a vicenda nel compito del genitore, a volte un duro lavoro. Penso a chi non ha un aiuto, un “cambio” nei momenti più duri, e ha tutto il mio conforto: non è facile, io e Matteo almeno possiamo alternarci. Ma più è buia la notte più luminose sono le stelle: alla sera, per esempio dopo un giorno intenso di questi, mentre ci stiamo addormentando Mete mi abbraccia fortissimo e mi dice che mi vuole benissimo, mi fa qualche carezza e poi si addormenta. Noi che ci scusiamo con i bambini perché abbiamo alzato la voce, e loro che ci guardano e subito dicono “si si non fa niente facciamo la pace” e ci sorridono, stare tutti e cinque nel lettone al mattino. Quando si è sconfortati questi momenti bisogna tenerseli stretti e ripartire da lì, da queste piccole gocce di amore, che la nostra famiglia ha sicuramente da dare. Anche vederli tutti dormire, magari vicini sul divano mentre si ha il tempo di scrivere questo post, fa bene. Fa bene ed è normale essere contenti che “adesso dormono” e si può staccare. È normale arrabbiarsi e sentirsi in colpa dopo, così come è normale sentirsi sopraffatti in certi momenti, le emozioni non si possono gestire e la pressione cui siamo sottoposti come esseri umana è tanta. Inoltre pochi di noi sono “emozionalmente alfabetizzati”, ovvero hanno studiato le proprie emozioni e comportamenti, e le loro risposte. Le emozioni non implicano necessariamente certi tipi di azioni, non esiste una regola per cui ad una emozione deve corrispondere una determinata reazione, anzi vale l’opposto, è possibile imparare nuovi percorsi, nuove risposte, e non reazioni, a determinate emozioni o situazioni. Ci vuole sempre il lavoro interiore, guardarsi dentro, confrontarsi. Anche se nei momenti di sconforto si vede buio, buissimo, spero vi conforti come a me avere la certezza che poi passerà, nell’eterno fluire ciclico delle nostre vite. I nostri figlioli torneranno ad essere “angioletti” un po’ perché “si comporteranno meglio” e un po’ perché noi saremo più disposti a “vederli come angioletti”. Nel sopportare i giorni difficili, soprattutto quando alla sera ripenso alla giornata appena passata, mi è molto di aiuto ripensare alle azioni positive, ai passi in avanti che ho fatto, ai comportamenti in linea con i miei principi che ho attuato: chiedere scusa per essere stata scortese, aver avuto la freddezza di usare la gentilezza anziché l’autorità (anche quando pensavo fosse lecito), essere stata lucida quanto bastava per allontanarmi da un possibile scontro in tempo, sbollire il nervoso e poi ritornare: ricordo a me stessa che in quei momenti, nel momento critico, sono stata un buon esempio di comportamento per i miei figli. Ho modellato un comportamento, che potranno assimilare. A letto naturalmente mi vengono in mente anche le volte in cui non sono stata altrettanto efficace: cerco di non colpevolizzarmi troppo e di pensare a come avrei potuto fare meglio, magari chiedendo aiuto in tempo ad un altro adulto, posticipando la scadenza di un progetto per essere meno incasinata, oppure cercando di riposare un po’ di più per essere meno stanca fisicamente (anche qui barattando il riposino col posticipare qualcos’altro, magari una lavatrice o i piatti da lavare). È molto efficace fare queste “analisi” anche con il nostro (o nostri, per qualcuno) partner. Saliranno, a letto, anche le emozioni e i giudizi: le une le lascio fluire, senza giudicarle troppo, gli altri li lascio semplicemente andare così come sono venuti.

Nei momenti di pessimismo e fastidio più acuti tuttavia servono a poco anche i pensieri positivi, proprio quella crosta nera non si vuole togliere; In quei momenti io mi prendo una pausa e ho imparato a seguire questa scaletta, in automatico senza pensare troppo. Una serie semplice di gesti, di cose da fare.

Primo, saluto i miei figli e gli dico che mi sento un giù e ho bisogno di rifiatare un attimo, quindi vado via un momentino. Dico proprio queste parole, il mio tono è sempre calmo , mi sento già più sollevata, è già liberatorio. Gli do un bacio, un abbraccio. A volte un po’ brusco, ma c’è,

Secondo, incrocio con lo sguardo il mio partner, a volte ci capiamo così, a volte gli dico che ho bisogno di 5 minuti, di modo che lui capisca che tutti e tre son con lui.

Terzo, esco dalla porta e inizio qualcosa che mi piace o mi serve in quel momentoLe cose poi migliorano.

Quando mi è capitato da sola ho parlato ai miei figli più grandi, gli ho lasciati in un ambiente sicuro come la loro cameretta, e mi son portata Alma in giardino, vicino alla finestra della loro camera. Se vivessi in appartamento mi ritirerei in una stanza, credo.

Se necessario ripeto dal punto 1.

 Riuscire a svincolarsi dall’accudimento, in maniera organizzata così che i bambini siano sicuri, è molto efficace. Moralmente sentivo una certa resistenza nel farlo, era come se ritenessi che fosse sbagliato prendermi una pausa. Come se dovessi sempre essere lì altrimenti non ero brava. Un retaggio probabilmente del mio vissuto: in qualsiasi altra attività quando uno è stanco si prende una pausa, per non intaccare la qualità del lavoro che sta svolgendo. Crescere i figli è un lavoro di anni, è impensabile non prendersi mai una pausa (anche se di fatto è così!). Quindi ho lasciato andare il mio retaggio e ho provato. Penso di aver trovato una buona strategia, è una lista di azioni facili da seguire, che mi permette di vivere i miei lati migliori, perché di fatto contrasta le emozioni negative che influenzano in peggio il mio comportamento. Le mie emozioni non sono represse, fluiscono come sempre, quello che cambio è il contesto, fisico e psicologico. Le emozioni negative hanno così meno nutrimento, e facendo quello che mi piace o mi serve creo un rinforzo positivo per il mio stato d’animo. Inoltre quello che a me pareva una gran questione, ovvero che dovevo esserci sempre e non potevo mollare, si è rivelato essere un aspetto marginalissimo per Mete, Rumi, Alma Luna e Matteo, per cui sono ancora più convinta sia stata una di quelle auto-trappole mentali che noi umani ci facciamo. Sentendomi più libera e leggera nel momento della pausa sono in grado di pormi in maniera più efficace con i miei figli e il mio compagno: modello un comportamento, che verrà assorbito, probabilmente meglio dai bambini ma anche il partner può stupire. Mettiamoci nei panni dei figli: vedranno il papà o la mamma che invece di innervosirsi a tal punto da gridare, ad esempio, o dal fare una richiesta-ricatto li salutano con un bacio, con “quel tono di voce e quell’espressione lì” e vanno via un attimo e quando tornano sono più sorridenti, hanno gli occhi più allegri di prima e sono più disponibili. Vedranno una persona, anzi La persona, che prova emozioni “negative” e “si comporta bene”. Sono assorbitori, assorbiranno anche questo. Più lo ripetiamo, più lo assorbiranno. E lo ripeteranno. Non dico che non ci saranno più giornate difficili, mentirei. Ma saranno meno, dureranno meno, perché avremo imparato, vivendolo, un modo migliore per rispondere alle difficoltà della vita: chiedere aiuto, fermarsi e rifiatare, ricominciare.

Se poi mi scavo ancora più a fondo non posso fare a meno di notare altri due aspetti. Primo, che i miei figli sono, al pari del mio compagno, di mia madre e di tutti, delle persone con una vita propria ovvero con il loro carico di gioie e di stress, uno stato di salute fisica e psichica che non necessariamente deve essere al top. Come dicono gli inglesi a volte shit happens e quindi può succedere che tutti i membri della famiglia stiano attraversando una personale fase “difficile” nello stesso periodo. Eh sì, tutti i membri della famiglia, noi adulti compresi (soprattutto), perché se ci si scontra ci si scontra quasi sempre in due. Questo è il secondo punto, la nostra personalissima responsabilità nel conflitto. Alla fine fine non è che i miei tre bambini “mi obblighino” a perdere la calma. Seppur impegnativo il loro accudimento sono sempre più convinta che il mio stato d’animo influenzi la mia risposta. Una delle parti migliori dell’essere genitore è aver la possibilità di conoscere meglio se stessi e migliorare come persone grazie al rapporto stretto e di responsabilità con i propri figli. Come in altre relazioni le aspettative giocano un ruolo fondamentale, specialmente quelle disattese; lo stress e le preoccupazioni provocate da altri eventi esterni alla famiglia non sono sicuramente d’aiuto. Sicuramente abbiamo un valido motivo quando entriamo in un conflitto, e non è tutta nostra colpa se  ci facciamo trascinare nello scontro con i figli, tuttavia è nostra responsabilità migliorare progressivamente, un passo alla volta, le gestione dei conflitti. La responsabilità è nostra perché noi siamo i relation manager nella relazione genitori-figli ora. Ora è il nostro turno di guidare la generazione futura. E io ho fiducia, che siamo capaci di farlo oggi meglio di ieri, pur provando a volte anche sconforto, pessimismo, stanchezza: degli eroi, d’altronde, non si dice che non cadano mai, ma che si rialzino sempre.

“Per concludere, quindi, vi offro il messaggio che mi ha dato mia figlia: ” nessuno è perfetto!”, per ricordarvi che vale la pena di fare qualcosa, anche se la facciamo “goffamente”. Il lavoro di essere genitori, naturalmente, vale la pena di farlo, ma a volte ci capiterà di farlo in modo “imperfetto”. Se siamo troppo severi con noi stessi quando non siamo perfetti, i nostri bambini ne soffriranno”. Marshall B. Rosenberg- Crescere i bambini con la Comunicazione Nonviolenta

Rainbow Hugs 🌈 22-05-2020

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